Il libro consigliato!

Il sonno nel primo anno di vita. Quanto come e gli errori da non commettere. di Laura della Badia Quando una neomamma torna a casa con il proprio bambino, soprattutto se è il primo, ha mille dubbi e domande. Molti riguardano il sonno. Ne parliamo con il dott. Alberto Ferrando, pediatra e autore di tante pubblicazioni dedicate alla cura dei bambini, tra cui “Il libro della nanna” (www.edizionilswr/bimbi).
Iniziamo dalla routine: come impostare quella giusta, fin dai primi giorni?
Prima dei 6 mesi i bambini tendono a fare vari sonnellini, distribuiti in modo variabile nelle 24 ore, per cui è molto difficile stabilire una routine del sonno. Dopo tale età le ore del sonno si prolungano e alcuni arrivano a dormire 6 ore o più di seguito, per cui si può cominciare a fare qualche tentativo di stabilire una routine. La ripetizione quotidiana di gesti e azioni costituisce per i bambini una necessità che infonde sicurezza. È fondamentale che i genitori trasmettano, con il loro atteggiamento, sicurezza, tranquillità e ripetitività dei gesti. Il rituale della buona notte può essere rappresentato da un bagnetto rilassante, un massaggio, far indossare il pigiamino, oppure scegliere la lettura di un libro o l’ascolto della musica. Un errore abbastanza frequente fra i genitori è di modificare le routine quando non ottengono risultati in breve tempo. Ci sono bambini che beneficiano della routine dopo pochi giorni, altri che possono impiegare qualche settimana.
Quante ore di sonno sono necessarie? La National Sleep Foundation americana, punto di riferimento internazionale, da oltre 30 anni, studia i dati relativi alla qualità del sonno nelle diverse età. L’ultima tabella elaborata elenca le ore di sonno consigliate, differenziandole in “raccomandate”, “appropriate” (cioè rientranti comunque nella norma) e “non raccomandate”. Fino a 3 mesi le ore raccomandate sono 14-17, quelle appropriate 11-13 con tolleranza fino a 18-19 e quelle non raccomandate sono invece inferiori a 11 e oltre le 19. Dai 4 agli 11 mesi invece il sonno raccomandato va dalle 12 alle 15 ore e quello fuori norma è inferiore alle 10 o superiore alle 18.
Se il bimbo dorme poco dobbiamo preoccuparci? Una volta escluso che all’origine del disturbo vi sia un problema organico, è utile che i genitori conoscano i ritmi del sonno del bambino anche perché prevale nella nostra cultura l’idea che il bimbo “buono” sia quello che dorme tutta la notte, sin da subito. Di fatto, il piccolino che fa la nanna tutta la notte è più un’eccezione che la regola. Un sonno di 4-5 ore è già un buon risultato! Alcune volte dietro alla difficoltà ad addormentarsi o alla tendenza ad avere un sonno disturbato non c’è un malessere fisico, ma qualche paura, il che è normale.
Quali le posizioni giuste e quelle sbagliate? Una sola posizione giusta: quella “supina” a pancia in su. Il bambino nel primo anno di vita, non deve essere messo a dormire a pancia in giù o sul fianco. Perché? Perché rappresenta il fattore più importante di rischio di morte improvvisa (SIDS: Sudden Infant Death Syndrome). La SIDS rappresenta la prima causa di mortalità nella fascia di età da 1 a 12 mesi di vita; è più frequente tra i 2 e i 4 mesi. La causa è ignota ma sono stati identificati dei precisi fattori di rischio, in particolare:
- mettere il bambino a dormire in posizione prona (a pancia in giù);
- mettere il bambino a dormire sul fianco;
- caldo eccessivo;
- fumo della madre in gravidanza;
- fumo passivo;
- prematurità e familiarità.
E’ giusto dare al bambino un doudou per facilitare la nanna? Alcuni bambini, per superare l’angoscia del distacco, scelgono un oggetto da cui trarre conforto, come un orsacchiotto, una coperta, un indumento della mamma, un succhiotto. Non bisogna forzare il bambino ad abbandonare il suo oggetto preferito, né provare a cambiarglielo. Proprio per il fatto di essere “transizionale”, la sua presenza avrà senso solo durante una fase della vita del bambino, terminata la quale perderà il suo significato così forte e profondo.
In base alla sua esperienza, consiglia di far addormentare il bambino in presenza di un adulto o da solo? Sicuramente la presenza della mamma è molto positiva perché semplificando l’allattamento materno può facilitare il riposo familiare. Ci sono bimbi che dormono senza problemi ovunque, altri, invece, si svegliano frequentemente; in alcuni casi, mettere il bimbo nel lettone, in sicurezza, con i genitori può tranquillizzarlo e aiutarlo a dormire meglio e più a lungo. La condivisione del letto può aiutare i genitori a gestire con più serenità i risvegli notturni del bambino e le poppate frequenti e rappresenta un momento di grande intimità tra genitori e bambino anche se il consiglio da parte dei pediatri resta quello di far addormentare il bambino, nella stessa camera, vicino al letto dei genitori.
A favore o contrario al co-sleeping? Il termine co-sleeping (dormire insieme al bambino) è generico. Quando si intende la “condivisione del letto” è meglio usare l’espressione bed sharing o co-bedding. Questa pratica è piuttosto controversa: l’American Academy of Pediatrics la sconsiglia e suggerisce di condividere la stessa camera, ma non lo stesso letto. Alcuni genitori fanno dormire il bambino nel lettone sperando in un sonno migliore ma non sempre questo avviene, con il risultato che sia il bambino sia i genitori hanno un sonno disturbato. Se, però, i genitori hanno trovato un equilibrio accogliendo il bambino nel lettone e se questa abitudine garantisce sonni tranquilli a tutti, non vi è ragione di cambiare modalità almeno nei primi anni di vita. Vanno però rispettati alcuni criteri di sicurezza di cui parlo approfonditamente nel libro, come ad esempio no gioielli, nastri e lacci nel letto, no alla condivisione del letto nel caso di genitori con corporatura grossa o fumatori o se assumono farmaci o sostanze (in primis alcol) che alterano il livello di coscienza, no animali nel letto, no ai capelli troppo lunghi e verificare sempre che la superficie del letto non sia troppo morbida o infossata; infine assicurarsi che che il bambino non rischi di cadere dal letto che va quindi accostato a una parete o dotato di sbarre. Il mio consiglio è far dormire, almeno nei primi 6 -12 mesi di vita, il bebè nella camera dei genitori, in un lettino appositamente progettato per poter essere sistemato accanto al lettone quasi a comporre un “sidecar”, detto anche next to me. La sua praticità sta nel fatto che la mamma che allatta di notte può farlo senza doversi alzare e senza che il bambino si svegli completamente. Ovviamente questo tipo di culla necessita di un sistema di fissaggio al letto sufficientemente sicuro da non lasciare spazio tra il lettone e la culla dove il neonato si possa infilare.
Sonno-veglia. Da cosa dipendono Nei primi mesi i ritmi di sonno e veglia dipendono soprattutto dalla fame: il bambino si sveglia per mangiare, anche ogni poche ore, sia di giorno sia di notte. Nei primi mesi il bebè ha una maggiore quantità di sonno leggero rispetto all’adulto. Il lattante presenta un ciclo costituito da una prima parte di sonno attivo REM o fase del sonno leggero, durante la quale sogna, e da una seconda parte di sonno calmo non-REM o sonno profondo, priva di sogni.
Durante la notte le due fasi si alternano varie volte, e ogni volta che si passa dal sonno profondo a quello leggero si attraversa una fase di vulnerabilità, ovvero un tempo in cui è più facile svegliarsi. Nei primi mesi di vita il bebè necessita di alimentarsi frequentemente sia per il rapido accrescimento sia per le piccole dimensioni dello stomaco che si riempie rapidamente ma si svuota altrettanto velocemente. Alcuni bambini arrivano a dormire anche 17 ore al giorno, mentre altri dormono in tutto meno di 11 ore. Tra 4 e 6 mesi il bambino può dormire anche 6 ore continuative durante la notte, a volte anche di più e riesce a stare sveglio più tempo durante il giorno. Intorno ai 9 mesi si verifica un aumento dei risvegli notturni (l’84% dei bambini si sveglia almeno una volta) perché il bambino prende sempre più coscienza del mondo che lo circonda, gli stimoli esterni possono cominciare a disturbarlo più di notte e anche la sua fantasia, che si traduce di notte in sogni e incubi, può cominciare a interrompergli il sonno.