Adolescenza e alimentazione."Disagi" e "Disturbi" alimentari. Quali le differenze? Come riconoscerli e cosa fare?

di Laura Romano

Cibo, emozioni, relazioni. Il cibo non è soltanto ciò che ci nutre, ciò che ci tiene in vita e che assicura la sopravvivenza e il benessere (o il malessere) del nostro corpo, non è soltanto carburante per l’organismo; vi sono altri elementi in gioco, elementi di profonda risonanza emotiva e di alto valore comunicativo e relazionale. Il rapporto che ciascun individuo intrattiene con il cibo presenta degli aspetti simbolici, antropologici, culturali, rituali, psicologici ed emotivo-affettivi assolutamente imprescindibili.

Vi è una strettissima correlazione fra cibo, emozioni, relazioni. Accade che il cibo diventi strumento comunicativo – disfunzionale, ma potentissimo – di malessere e fatica emotiva (nei disagi), di sofferenza e paura (nei disturbi). Molte ricerche hanno evidenziato come il cibo possa rappresentare una via per tentare di “gestire” emozioni vissute come ingovernabili e pericolose; come possa rappresentare una sorta di “anestetico” nei confronti della frustrazione o della rabbia; come divenga una scorciatoia per manifestare un disagio relazionale inesprimibile diversamente.

Evidentemente, queste condotte non costituiscono un problema grave se sono occasionali e transitorie; ben diverso è se questi meccanismi di “gestione” dei problemi, di autoregolazione emotiva diventano consueti e incontrollati. Non si tratta più, allora, di disagi alimentari, bensì di veri e propri disturbi, di patologie, che – come tali – devono essere riconosciute e trattate.

I disagi alimentari: perché nella preadolescenza? Per quanto i disagi alimentari siano assai frequenti anche nell’infanzia, la preadolescenza e l’adolescenza sembrano essere l’età elettiva in cui essi si manifestano, così come l’esordio dei disturbi alimentari veri e propri si colloca nel medesimo periodo. Per individuarne le ragioni, occorre considerare alcuni aspetti di questa fase evolutiva.

La preadolescenza viene spesso definita come una fase critica, turbolenta, difficile, densa di contraddizioni. Questi aspetti non dovrebbero stupire, poiché si tratta di un periodo denso di cambiamenti (corporei, emotivi, affettivi, cognitivi, relazionali…). Ricordiamo in particolare la necessità di accettare e “far proprio” il nuovo corpo trasformato dai cambiamenti della pubertà e il processo di separazione/individuazione rispetto alle figure genitoriali e il compito della “nascita sociale”, che coinvolge la dimensione pubblica del corpo, soprattutto in riferimento ai coetanei. In questa fase di fragilità, il cibo può trasformarsi in uno strumento potentissimo (e facilmente accessibile e utilizzabile) per tentare di assopire, arginare o controllare le emozioni di segno negativo e risultare anche uno strumento illusoriamente efficace per governare i cambiamenti stessi.

Il ragazzo può vedersi troppo basso, troppo magro, troppo poco muscoloso e virile. La ragazza lotta con un numero tendente all’infinito di dettagli che le appariranno sempre e comunque insoddisfacenti. Tutto sembra sfuggire a ogni tipo di controllo. Il corpo “va per conto suo”, in un susseguirsi di modificazioni che possono apparire non soltanto inarrestabili, ma anche interminabili e, per di più, senza che se ne possa prevedere l’esito finale.

Come si manifestano: attenzione a questi comportamenti. Di fronte a tanto smarrimento, frequentemente, il ragazzo – e, in particolare, la ragazza – adottano l’unica strategia possibile per tentare di governare il corpo: ci si mette “a dieta”. Spesso, per le ragazze, questo è il significato profondo e nascosto delle “diete dimagranti”; si tratta di una sorta di “autocura”. Se non assumono tratti esasperati e sono limitate nel tempo, queste diete vanno interpretate come uno strumento di sostegno alla crescita e allo sviluppo, come modalità che favoriscono una migliore integrazione fra il nuovo corpo reale e il corpo psichico, fra il corpo e la corporeità. Ovviamente, molto conta anche la questione dell’immagine, il desiderio – che in questa fase della vita è anche un bisogno – di adeguamento ai modelli imperanti proposti dai mass-media; non si tratta di vanità o superficialità comunque, bensì di un profondo bisogno di accettazione da parte dei coetanei.  Un’ulteriore funzione svolta della “dieta dimagrante fai da te” della ragazza – e, talvolta, anche dei maschi – può essere quella di gestire un conflitto relazionale con la figura materna che pretende di mantenere il controllo assoluto sulla vita dei figli. Ribellarsi all’alimentazione da lei proposta risulta una modalità per sottrarsi alla dipendenza forzata eccessivamente prolungata. Vi sono poi ragazzi che invece di mettersi a dieta, “mangiano continuamente”, come avvertissero un perenne senso di fame, come non fossero mai sazi e mai saziabili. Mangiano quasi senza limiti di quantità, senza badare alla qualità, apparentemente non preoccupandosi del peso che tende ad aumentare, del corpo che si arrotonda e perde le forme armoniose.  Spesso, questo “grasso” in eccesso risulta – per queste ragazze e questi ragazzi – assai funzionale: rappresenta una forma di temporanea “protezione”, una sorta di barriera fisica rispetto al mondo esterno e, in particolare, rispetto alle potenziali relazioni con l’altro sesso, per le quali non si sentono ancora pronti. 

Naturalmente, assumere cibo in eccesso può rispondere anche a un altro bisogno profondo, assai frequente in questa fase della vita, ovvero quello di arginare, tacitare, anestetizzare le emozioni negative. Un cibo gratificante può illusoriamente compensare stati d’animo coma la rabbia, la paura, la sofferenza, l’amarezza, la frustrazione, la delusione. Anche in questo caso, solitamente, il ricorso al cibo per queste ragioni e con queste modalità risulta transitorio; non appena il ragazzo inizierà a vivere esperienze positive, di conferma e apprezzamento non sarà più necessario usare il cibo come strategia di compensazione.

Dott.ssa Laura Romano – Pedagogista – Responsabile Centro Ananke Como per la cura e il trattamento dei disagi e dei disturbi alimentari

ANANKE. Le persone che soffrono di disturbi alimentari e le persone a loro vicine hanno bisogno di trovare qualcuno che sappia ben intendere un dolore che va oltre le parole, senza aver la pretesa di aderire a quella sofferenza ma disposti a condividere la domanda che in essa alberga.  Il Progetto Ananke si propone di essere questo luogo. Il network su cui può contare Ananke è composto da professionisti e strutture, pubbliche e private, Associazioni scientifiche, Associazioni di genitori, reti associative di pazienti e familiari, presenti su tutto il territorio nazionale.

IN LOMBARDIA. Villa Miralago si trova a Cuasso al Monte (VA) ed è il Centro residenziale più grande in Italia e tra i maggiori in Europa per la cura dei disturbi del comportamento alimentare. Accoglie persone che soffrono di anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata, obesità. Le comunità di Villa Miralago sono convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale.

INFORMAZIONI

www.curadisturbialimentari.it; [email protected]