Pamela Pace- Presidente Associazione Pollicino Onlus

Genitori alle prese con la generazione di nativi digitali 

di Valentina Valente

Scrivo questo articolo con particolare enfasi perché parto da un’esperienza personale che desidero condividere con le nostre lettrici. Da qualche mese avevo notato che mia figlia, di quasi 12 anni, aveva sviluppato un attaccamento eccessivo all’Ipad, al computer e al telefono. Premetto che non ero molto d’accordo sul dotarla di un cellulare ma che, per ragioni famigliari, ho preferito farlo per poterle dare sempre la possibilità di parlarmi se necessario. L’attaccamento a questi mezzi, in modo eccessivo, ha provocato cali di attenzione e modifiche nei comportamenti, tanto che anche la scuola mi ha convocato per segnalarmeli. Inutile dire che ho tentato di arginare la cosa, sequestrando il telefono e nascondendo più volte sia il computer che l’Ipad…con il risultato che, o venivano inspiegabilmente trovati (un fiuto pari a quello dei cani da tartufo!) o mi venivano chiesti con suppliche melodrammatiche degne di una telenovela sudamericana, con la scusa della scuola della ricerca da fare, ecc. Il tempo a disposizione per essere sempre sul pezzo a volte, purtroppo, scarseggia. Molto preoccupata per la situazione ho fatto due chiacchiere con la dott.ssa Pamela Pace, psicoanalista e psicoterapeuta, Presidente di Pollicino onlus, centro crisi genitori, che da anni è un punto di riferimento a Milano per le problematiche legate alla genitorialità. Spero che questa chiacchierata, che riporto qui, possa essere d’aiuto anche ad altre mamme, fermo restando che desidero segnalare Pollicino onlus come un valido aiuto per tutti noi genitori alle prese con i piccoli grandi problemi legati alla crescita dei nostri figli.

Come capire se è in atto una vera dipendenza dai mezzi tecnologici?

Innanzitutto premetto che non sono tanto le nuove tecnologie da demonizzare, quanto il loro uso distorto: cioè eccessivo ed esclusivo. Alcuni comportamenti dei giovani possono comunque essere campanelli d’allarme. La perdita di interesse per tutto ciò che non è oggetto tecnologico, è un primo importante segnale. Osservare che, a poco a poco, altri giochi, attività e porzioni di socialità, perdono di attrattiva è un campanello d’allarme. La presenza di una iper-attivazione psicofisica, cioè vedere il figlio eccessivamente attivato, nervoso, teso, dà un criterio rispetto al superamento di una soglia di eccitazione. Ricordo che è proprio la misura, la bussola più importante da trasmettere ai figli. Anche notare un costante effetto di ipnotizzazione mentre giocano e/o sono al cellulare, tale da non ascoltare, non rispondere alle domande e ai richiami familiari, è un segnale di cui tenere conto. Infatti, è utile vigilare il momento in cui il giovane non è più un fruitore, cioè chi si diverte ad usare e consumare gli strumenti ma piuttosto si palesa un ribaltamento: sono gli strumenti a fruire del consumatore, è perciò l’oggetto che ha preso sempre più potere sul bambino/ragazzo.

Quali sono le età maggiormente a rischio? Più che definire un’età a rischio, va tenuto presente che le nuove generazioni nascono “nativi digitali”, quindi fin da piccoli sono catturati dal mondo web e, soprattutto, dai vari oggetti tecnologici. Chiaramente l’uscita dalla prima infanzia e l’entrata nell’istituzione scolastica, promuovono un maggior interesse ed utilizzo per gli oggetti tecnologici, data anche la loro funzione di mediatori sociali. Inoltre, l’entrata nell’adolescenza, segna il momento evolutivo in cui, per una serie di motivi anche legati alle diverse esigenze pulsionali e sociali, può rafforzarsi l’utilizzo di tali dispositivi e quindi aumenta il rischio sia di una dismisura sia della comparsa di una possibile dipendenza.

Perché è così difficile per i “nativi digitali” concepire la loro vita senza “connessione” ? Ciò che promuove preoccupazione e timori in famiglia è innanzitutto l’urgenza, che anche i più piccoli mostrano, di avere e di utilizzare gli oggetti tecnologici. La curiosità verso essi e la relativa fascinazione esprimono una vera e propria esigenza vitale, imperativa rispetto al loro possesso e utilizzo. Il mondo web, i video-giochi, i cellulari sono diventati strumenti sia di svago e gioco, sia di socializzazione: si mostrano come quel “nuovo”, ancora in parte sconosciuto, che può suscitare ansia e preoccupazioni in madri e padri, quindi come una sorta di altra dimensione, in cui sono immersi i figli e che crea spazi solitari, soggettivi, privati da cui i genitori si sentono esclusi. Mentre un tempo la porta chiusa e i diari segreti custodivano l’intimità dei giovani, oggi sono il mondo web, i social, le chat, il cellulare, i veri scrigni dei segreti. I “nativi digitali” nascono e crescono in questo ambiente tecnologico: è ciò che conoscono fin da piccoli. Infatti, se ci pensiamo, mentre gli adulti si sono piano piano adattati al regime informatico, tecnologico che domina la contemporaneità, i giovani non ne possono fare a meno. Anzi faticano a capire come mai gli adulti insistano così tanto a regolare e controllare. Perché, dunque, tanta ansia e preoccupazione si chiedono.

Se stabiliamo delle regole, e poi puntualmente non vengono rispettate, cosa possiamo fare? La maggior fatica delle nuove generazioni ad accettare le frustrazioni, a tollerare le attese nel soddisfacimento dei bisogni, è direttamente proporzionale ai messaggi che pervadono il discorso sociale: “consuma!”; “soddisfati!” Il valore del limite, nella contemporaneità, sta proprio nel suo superamento. E i genitori faticano a tenere saldi i principi educativi anche perché a volte poco convinti e oggi poco sostenuti dal sociale. Dare testimonianza di un contenimento, mostrare di essere a propria volta sottoposti a dei limiti, sono posizioni genitoriali produttive ed efficaci. Presentarsi in tale modalità regolata, consente di non essere vissuti dai figli come un altro persecutorio, capriccioso, invadente e che quindi può parlare di limite perché innanzitutto quel limite l’ha conosciuto e lo incarna. Presentarsi come un altro regolato, convinto ma anche disposto a mettersi in discussione, implica anche la disponibilità a trasmettere il valore della perdita e della frustrazione e a dare testimonianza dell’importanza del desiderio e non solo della soddisfazione a tutti i costi. Inoltre se padre e madre decidono di comune accordo regole e orari, è bene che entrambi possano mantenerle: ecco l’importanza di scegliere interventi normativi che poi non risultino eccessivi e troppo faticosi da mantenere.

Quindi…come convivere in modo armonioso con la tecnologia in famiglia? Siamo un po’ tutti “mediatizzati”, consumati dal consumo ma, mentre è per noi possibile scegliere di non farsi risucchiare nella logica consumistica e mediatica, i giovani ne sono più influenzati, catturati. Laddove “tutto e subito” sembra permei tutto il periodo evolutivo, ribadisco che è bene che la fatica nel tenere una posizione controllante si accompagni alla convinzione di trasmettere il valore della rinuncia e dei limiti. “Non tutto è possibile”: tale consapevolezza offre ai figli la possibilità di incontrare un contenimento, la mancanza e quindi di desiderare e sono proprio queste le dimensioni vitali, al centro della responsabilità educativa. Ogni famiglia è unica ed è arredata da una specifica politica educativa che non prescinde dalla conoscenza delle proprie caratteristiche e di quelle dei figli. Ecco perché non credo vi siano regole universali, generalizzabili. Le diverse modalità con cui ogni genitore incontra l’impotenza nel cercare di ordinare ed educare ad un utilizzo limitato e l’irritazione nel vedere non rispettati confini, orari e norme proposti, dipende appunto dalla specificità di ogni contesto familiare. Ogni famiglia ha un suo particolare modo di vivere l’effetto intrusivo, segregativo e a volte sregolato dell’utilizzo che il figlio fa di tali oggetti. Penso che vigilare sia sempre prezioso. In tale ottica, sorvegliare i nostri figli, rimanda piuttosto ad una posizione di veglia, di vigilanza attenta, ma nel rispetto del soggetto che il bambino è, e non si esprime, viceversa, attraverso un controllo repressivo, oppressivo o ricattatorio. Un figlio non è mai una proprietà né una nostra copia. Sappiamo che il buon esempio che noi adulti possiamo offrire funziona da prezioso presupposto, in quanto consente ai figli di potersi servire virtuosamente dell’esempio. Così come è consigliabile, utilizzando discorsi adatti all’età dei bambini, poterli avvertire sia sui rischi sia anche sulle potenzialità del mondo web e dei social. Facendo nostro il fondamento etico del mondo greco, “non oltrepassare il tuo limite, altrimenti prepari la tua rovina”, è possibile comprendere come il centro da cui si dispiega la responsabilità educativa non stia tanto nei comandamenti, in norme definite, ma innanzitutto nel trasmettere il valore del limite, il senso e il rispetto della misura.

ASSOCIAZIONE POLLICINO CENTRO CRISI GENITORI ONLUS L’Associazione promuove vari progetti come proseguimento dell’attività di sensibilizzazione rivolti sia ai genitori sia a tutte le scuole della città di Milano e alle diverse Istituzioni interessate. Per conoscere i progetti e contattare l’associazione: www.pollicinoonlus.it

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