L'età dei cambiamentiQualche consiglio per chi si affaccia al mondo complesso della pre-adolescenza e dell’adolescenza.

di Valentina Valente

La preadolescenza è spesso definita come una fase di disagio, di turbolenza, un’età critica e difficile perché densa di cambiamenti (corporei, emotivi, relazionali, sociali, cognitivi) legati uno all’altro in un inscindibile groviglio.Abbiamo seminato mammole, ci ritroviamo cactus. Niente petali, solo spine. Tutto, in questa fase, sembra essere una battaglia, uno scontro: la scuola, l’ordine, gli orari, gli amici, i vestiti, il cibo…

Ne abbiamo parlato con Laura Romano, pedagogista, che ci fornisce qualche consiglio e spunto di riflessione.

Quali sono i primi “sintomi del cambiamento”? In sintesi cosa ci attende? Ragazze e ragazzi sono polemici, insistenti, arroganti, quasi sempre colti da improvvisa e persistente sordità; e, un attimo dopo, sono infantili, teneri, coccoloni. Come sopravvivere a questi cactus, a questi alieni atterrati in casa a sostituire le figlie e i figli a cui si era abituati? Cercando di vedere i fiori che spuntano tra le spine e potando dove necessario.

Quanto incidono i cambiamenti fisici legati alla pubertà?Moltissimo perché costringono ragazze e ragazzi a rimettere in discussione la propria immagine corporea, ad elaborare il lutto per la perdita del corpo infantile e ad accettare un nuovo corpo.A quest’età, il corpo riveste anche un notevole ruolo sociale: il preadolescente lo utilizza come strumento per differenziarsi dall’altro ma anche per creare una somiglianza rassicurante con il gruppo dei pari (moda, tatuaggi, piercing condivisi con i coetanei).

Come dobbiamo comportarci noi genitori?Nella preadolescenza, spesso, si assiste all’utilizzo del corpo per esprimere disagio, difficoltà, malessere; pensiamo al rischio di varie forme di dipendenza, ai disturbi delle condotte alimentari, ai passaggi all’atto… ciascuno di questi rischi può essere intercettato precocemente, prestando attenzione ad alcuni segnali specifici.Prestiamo ad esempio attenzione a: disinteresse e disinvestimento su ogni fronte; assenza di qualunque tipo di passione e progettualità; un’attenzione ossessiva e distorta alle forme del corpo e al peso; frequentazione praticamente esclusiva dei social e della vita virtuale piuttosto che di reali contesti di aggregazione.

In famiglia cosa succede?

Improvvisamente, i genitori hanno l’impressione di trovarsi in casa qualcuno che non riconoscono più, che non sanno più come prendere.I genitori non devono sentirsi traditi o feriti dalle modalità di relazione che i figli preadolescenti mettono in atto nei loro confronti. Non hanno sbagliato. I preadolescenti devono separarsi dalle immagini idealizzate dei genitori della loro infanzia e un processo di rottura è inevitabile.

Quale può essere un approccio corretto da parte degli adulti?Gli adulti vorrebbero evitare ai figli le sofferenze, le delusioni e gli errori che hanno segnato la loro vita; ma questo non solo non è possibile, è anche scorretto. L’adulto non può e non deve sostituirsi al preadolescente; proteggerlo eccessivamente significa non lasciarlo libero di vivere, di fare esperienza, di sbagliare e correggersi. A limitare il preadolescente non sono soltanto, in negativo, i “comandi” imposti dagli adulti, ma anche le aspettative eccessive, che chiudono gli orizzonti, gli spazi di pensiero e di creatività. Ciò che il genitore deve fare è esserci: ciò che viene richiesto è una presenza vigile, costante, ma discreta, accogliente ma non inquisitoria.

Il compito genitoriale in questa fase di rimessa in discussione della relazione con i figli preadolescenti può essere riassunto in due sole parole: responsabilità e rispetto.

Regole sì o no? Le regole non sono utili, sono necessarie. Sono le regole che offrono i confini, al limite perché si tenti di superarli. Dove andrebbe a finire tutta la sana “ribellione” preadolescenziale se non fossero stati messi paletti dalle figure adulte, genitoriali prima di tutto, educative in generale ?!Va considerato come, senza contestazione, un ragazzo non cresce!

Una linea possibile da tenere per noi? Come spesso si dice, occorre essere autorevoli, non autoritari; occorre essere coerenti, non inflessibili; occorre, soprattutto, non soffocare la personalità in formazione del preadolescente.Talvolta, le regole hanno l’obiettivo – inconscio – di circoscrivere le possibilità evolutive secondo un progetto pedagogico genitoriale che risulta poco rispettoso delle inclinazioni e della personalità del figlio.

Cosa fare se la famiglia va in tilt? Frequentemente, in questa fase evolutiva, i genitori hanno la sensazione di non riuscire a gestire la relazione con i figli, come se tutto quanto costruito e condiviso negli anni precedenti non funzionasse più. Un percorso di accompagnamento con un pedagogista rivolto alle figure genitoriali può consentire di raggiungere l’obiettivo, poiché madre e padre modificano il proprio approccio educativo, allineandolo alle necessità preadolescenziali e il processo si rimette in moto senza eccessivi scossoni. Laddove le problematiche sono di ordine differente, più profonde e radicate, e ci si trova di fronte a un figlio che soffre è opportuno ricorrere a un percorso terapeutico con uno psicologo.

LAURA ROMANO
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Laura Romano - pedagogista e formatrice